Fui molto sorpreso di vederla seduta al mio tavolo. Era la
prima persona che incontravo ad A. C. che conoscessi da Prima. E non pensavo,
francamente, che avrei mai potuto incontrare una delle persone della mia vita
di Fuori in quel posto. Come aveva fatto ad entrare in città?
Mi sedetti di fronte a lei senza parlare. Cercai di assumere
un’espressione vagamente maliziosa, come se sapessi qualcosa che lei ignorasse
riguardo la sua presenza lì, ma in realtà ero decisamente sorpreso. Che ci fai
qui? Le chiesi sorpreso. Lei non rispose. Allora la guardai per la prima volta
negli occhi, troppo concentrato com'ero stato fino a quel momento su me stesso
e il tipo di reazione da mostrarle, e mi accorsi subito che lei era lì, o
meglio, il suo corpo era lì, ma non esattamente lei. Lo sguardo era vuoto,
quasi vitreo, e non sembrava aver avuto alcun tipo di reazione alla mia
presenza. Anzi, sembrava che nemmeno se ne fosse accorta, guardava un punto
indefinito sulla tappezzeria dietro la mia schiena. Mi accorsi anche di altre
cose. Era molto più magra di come la ricordassi, emaciata, sembrava anche molto
più vecchia.
Ora, siccome ne avevo già visti parecchi arrivare in quelle
condizioni, la cosa non mi sorprese affatto. Per un momento avevo immaginato che,
per il semplice fatto che fosse l’unica persona che conoscessi in mezzo a tutti
gli altri, potesse non essere collegata al motivo che spingeva tutti gli altri Noi
a trovarci in quel luogo, e con un pizzico di egocentrismo avevo immaginato che
la causa della sua presenza potessi essere esclusivamente io, e
conseguentemente che anche le sue modalità di arrivo fossero avvenute per una
strada diversa, magari una strada segreta. In seguito, ripensandoci, non ho mai
capito effettivamente come stessero le cose, e probabilmente quel pensiero non
era così lontano dalla realtà; sta di fatto che quando mi resi conto che il suo
stato era identico a quello di molti altri nuovi arrivati rimasi quasi deluso
nel constatare che probabilmente si trattasse semplicemente di un altro Ospite
degli Hotel.
La cosa tra l’altro mi venne subito confermata dall'arrivo
della cameriera: portava due caffè, e uno doveva essere per lei. Ci guardò
scocciata perché a quanto pare la mia compagna di tavolo non aveva ancora fumato
la Prima Sigaretta, e, distratto com'ero stato da quell'improvvisa apparizione,
anch'io me n’ero completamente dimenticato. Tirai fuori il pacchetto di
Nazionali che avevo preso dal comodino pochi minuti prima e mi affrettai ad
accendermene una; siccome lei davanti a me non si era mossa (ne aveva cambiato
espressione, invero) ipotizzai che non fosse ancora stata messa al corrente di
quella Regola; così, mentre guardavo la cameriera con aria indulgente e
imbarazzata allo stesso tempo, tirai fuori un’altra delle mie e gliela porsi.
Niente. Non vi fu nessuna reazione, nemmeno si era accorta
del mio gesto. Continuava a guardare quel punto dietro la mia schiena chissà
dove. Avevo davanti a me un sacco vuoto. Il mio imbarazzo nei confronti della
cameriera crebbe ancora, addirittura mi salì un lieve moto di rabbia nei
confronti di quel volto inebetito. Mi alzai goffamente e le incastrai la
sigaretta tra le labbra, quindi gliela accesi. Funzionò, grazie al cielo,
perché finalmente si mise a fumare; addirittura distolse lo sguardo da quel
maledetto punto vattelapesca e per un momento mi guardò negli occhi. Cazzo, la signorina qui non può servirci
finché non abbiamo finito di fumare, capisci? Le dissi spazientito. Fece un
impercettibile segno di sì con la testa, ma forse me lo immaginai soltanto, vai
a saperlo. Seguirono lunghi minuti di silenzio durante i quali avrei voluto
sotterrarmi. Quella dannata cameriera continuava a squadrarmi corrucciata mentre
aspettava spazientita che finissimo. Diedi un ultimo tiro frettoloso e la
spensi; lei fece lo stesso, quasi emulandomi, sebbene non ne avesse fumata
neanche metà. Questo non va bene, pensai, sarà il caso che impari a fumare per
bene, pensai, perché ai camerieri non piacciono quelli che fumano fino a metà.
Finalmente potemmo avere il nostro caffè. Ormai freddo,
ovviamente. Mi aveva piuttosto innervosito tutta questa storia della sigaretta,
e quella ebete che avevo di fronte, che sorseggiava il caffè sbrodolandosi
tutta, mi faceva irritare ancora di più. Ne avevo visti parecchi, di appena
arrivati, ma mai nessuno in condizioni così pietose. Ci siamo passati tutti,
volevo dirle, non è mica la fine del mondo, volevo dirle. Ora francamente mi fa
male ripensare alla leggerezza con cui l’avevo sommariamente stigmatizzata allora.
Col passare dei giorni mi sarei reso conto ben presto che lei non apparteneva
affatto a quel posto, non era come Noi. No, lei non aveva nulla da spartire col
Grigio, proprio nulla. Non riuscirò mai a capire per quale diavolo di ragione
si fosse trovata lì con Noi, con il Grigio, con la Polvere, il Fumo e tutti gli
altri. Mi chiedo tra l’altro come diavolo avesse fatto a raggiungere A. C., lei
decisamente non era una da quel genere di posto. Era la Noia, era chiaramente
la Noia che non poteva sopportare, la Noia, in qualche modo, la uccideva ogni
giorno di più, non so quanto sarebbe potuta durare, dico davvero, e lo so che
in linea teorica non ne sarebbe potuta morire mai, di Noia, dico, per lo meno
non ad A. C., ma ci si avvicinò pericolosamente, e, dico davvero, ho pensato
con terrore in certi momenti che forse vigesse un’eccezione alla regola della Morte,
per quelli come lei, ovvero per quelli che con quel posto non avevano nulla a
che fare, con quelli che con il Grigio non avevano nulla a che fare, voglio
dire. La cosa spaventosa è che lei era più vuota degli altri; eravamo tutti un
po’ vuoti, in qualche modo, la Noia faceva questo e da che mondo è mondo l’ha
sempre fatto, questo, la Noia, però lei era dannatamente più vuota, era molto più vuota, talmente vuota che non poteva
essere semplicemente la sua bassa resistenza alla Noia, sebbene la Noia la
logorasse ogni giorno di più e su questo non c’è dubbio. Era talmente vuota che
sembrava non fosse nemmeno realmente lì, se ripenso anche a tutte quelle notti
poi passate insieme, niente, era un fantoccio, era un posticcio di sé stessa, e
vorrei si facesse attenzione su questo perché non era un posticcio di sé stessa
solo ai miei occhi, cosa che tutto sommato avrei potuto sopportare, forse una
percezione aberrante che, non lo so, mi sarei anche potuto indurre
involontariamente, no, lei era un posticcio di sé stessa anche ai suoi stessi occhi, era evidente, e ne soffriva
bene o male continuamente, e di questo ne sono certo perché era l’unica tra di
Noi che avesse conservato la facoltà di piangere, la prima volta che me ne
accorsi mi venne un mezzo colpo, quella era davvero un’eccezione alle Regole strabiliante,
non che piangesse sempre, per carità, la Noia chiaramente era sempre dentro di
lei e sapeva farlo bene il suo sporco lavoro, la Noia, eppure vi erano momenti
in cui osservando il proprio riflesso davanti allo specchio riusciva chissà
come a liberarsene, della Noia, e questo è davvero strabiliante, e piangeva,
piangeva silenziosamente mentre copiose lacrime le colavano giù dal mento, ed
era quasi uno spettacolo, anche se non potrei definirlo propriamente uno
spettacolo perché era una faccenda decisamente triste e dolorosa; eppure era l’unica
faccenda che con la Noia non avesse nulla a che vedere, decisamente nulla a che vedere, di cui abbia mai
sentito parlare ad A. C.
Era talmente vuota, dicevo, che col tempo ricominciai
seriamente a prendere in considerazione l’idea che il Grigio l’avesse portata
lì apposta per me, quel dannato di un Grigio; o meglio, che quel dannato di un
Grigio l’avesse costruita apposta per
me, una copia perfetta, impressionante, piazzata in quel posto che non le
apparteneva solo ed esclusivamente per me, per comunicarmi qualche diavolo di
monito che non ho mai capito e non riuscirò mai a capire, una di quelle cose
subdole tipiche del Grigio, una di quelle cose che se poi magari davvero
riuscissi a svelare scoprirei che si tratta di una stupidaggine, e tutto il
fascino e l’attesa della scoperta se ne andrebbero su per il camino, sì,
proprio una di quelle cose tipiche da Grigio che il Grigio non vede l’ora di
propinarti per farti perdere tempo, anche se effettivamente tempo da perdere ce
n’era in abbondanza, da quelle parti.
Insomma, alla fine me ne convinsi, che lei era stata messa
lì dal Grigio solo per me, e alla fine pensai che si trattasse davvero di un’ingiustizia,
di una tortura che lei non poteva meritarsi oltre, arrivai addirittura a
pensare queste cose, si, sebbene la Noia con il suo sporco lavoro e tutto il
resto mi bisbigliava tutto quel solito disinteresse eccetera eccetera, e così
una notte mentre lei dormiva proprio lì affianco a me scesi in strada e mi
stava quasi venendo da piangere, lo
giuro, mancava veramente poco, mi sembrò quasi di sentire una lacrima
inumidirmi l’occhio, non sto scherzando, non so cosa sarebbe potuto succedere,
corsi in strada e chiesi al Grigio di mandarla via, per piacere, che quella era
una questione tra me e lui, e lei non aveva nulla da spartire con quel posto,
non aveva assolutamente nulla da spartire con quel posto, e il Grigio, pensate
un po’, mi diede ascolto, mi diede veramente
ascolto, ed esaudì le mie richieste, e quando tornai di sopra lei non c’era
più. Gli altri mi dissero che non dovevo illudermi, perché probabilmente era
semplicemente sparita come tutti gli altri Scomparsi, ma io lo so che non era
sparita come tutti gli altri Scomparsi, non poteva essere semplicemente sparita come tutti gli altri Scomparsi, lei era
sparita solo quando io l’avevo esplicitamente richiesto al Grigio e mi ero quasi messo a piangere, e questo non
poteva essere un caso, dico io, nessuno avrebbe potuto credere ad una cosa del
genere, e da quel momento ho cominciato ad avere una sorta di stima, per il
Grigio.
Ad ogni modo, dopo aver bevuto il caffè la presi
sottobraccio e la accompagnai di sopra. Dissi in direzione che avrebbe
alloggiato con me, nella mia stanza al terzo piano. Certamente non potevo
lasciarla sola in quelle condizioni. Sono contento di poter finalmente passare
la notte con qualcuno affianco, pensai. Non potrà farmi altro che bene, pensai.
[continua]
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