venerdì 10 ottobre 2014

A. C. 2

Fui molto sorpreso di vederla seduta al mio tavolo. Era la prima persona che incontravo ad A. C. che conoscessi da Prima. E non pensavo, francamente, che avrei mai potuto incontrare una delle persone della mia vita di Fuori in quel posto. Come aveva fatto ad entrare in città?
Mi sedetti di fronte a lei senza parlare. Cercai di assumere un’espressione vagamente maliziosa, come se sapessi qualcosa che lei ignorasse riguardo la sua presenza lì, ma in realtà ero decisamente sorpreso. Che ci fai qui? Le chiesi sorpreso. Lei non rispose. Allora la guardai per la prima volta negli occhi, troppo concentrato com'ero stato fino a quel momento su me stesso e il tipo di reazione da mostrarle, e mi accorsi subito che lei era lì, o meglio, il suo corpo era lì, ma non esattamente lei. Lo sguardo era vuoto, quasi vitreo, e non sembrava aver avuto alcun tipo di reazione alla mia presenza. Anzi, sembrava che nemmeno se ne fosse accorta, guardava un punto indefinito sulla tappezzeria dietro la mia schiena. Mi accorsi anche di altre cose. Era molto più magra di come la ricordassi, emaciata, sembrava anche molto più vecchia.
Ora, siccome ne avevo già visti parecchi arrivare in quelle condizioni, la cosa non mi sorprese affatto. Per un momento avevo immaginato che, per il semplice fatto che fosse l’unica persona che conoscessi in mezzo a tutti gli altri, potesse non essere collegata al motivo che spingeva tutti gli altri Noi a trovarci in quel luogo, e con un pizzico di egocentrismo avevo immaginato che la causa della sua presenza potessi essere esclusivamente io, e conseguentemente che anche le sue modalità di arrivo fossero avvenute per una strada diversa, magari una strada segreta. In seguito, ripensandoci, non ho mai capito effettivamente come stessero le cose, e probabilmente quel pensiero non era così lontano dalla realtà; sta di fatto che quando mi resi conto che il suo stato era identico a quello di molti altri nuovi arrivati rimasi quasi deluso nel constatare che probabilmente si trattasse semplicemente di un altro Ospite degli Hotel.
La cosa tra l’altro mi venne subito confermata dall'arrivo della cameriera: portava due caffè, e uno doveva essere per lei. Ci guardò scocciata perché a quanto pare la mia compagna di tavolo non aveva ancora fumato la Prima Sigaretta, e, distratto com'ero stato da quell'improvvisa apparizione, anch'io me n’ero completamente dimenticato. Tirai fuori il pacchetto di Nazionali che avevo preso dal comodino pochi minuti prima e mi affrettai ad accendermene una; siccome lei davanti a me non si era mossa (ne aveva cambiato espressione, invero) ipotizzai che non fosse ancora stata messa al corrente di quella Regola; così, mentre guardavo la cameriera con aria indulgente e imbarazzata allo stesso tempo, tirai fuori un’altra delle mie e gliela porsi.
Niente. Non vi fu nessuna reazione, nemmeno si era accorta del mio gesto. Continuava a guardare quel punto dietro la mia schiena chissà dove. Avevo davanti a me un sacco vuoto. Il mio imbarazzo nei confronti della cameriera crebbe ancora, addirittura mi salì un lieve moto di rabbia nei confronti di quel volto inebetito. Mi alzai goffamente e le incastrai la sigaretta tra le labbra, quindi gliela accesi. Funzionò, grazie al cielo, perché finalmente si mise a fumare; addirittura distolse lo sguardo da quel maledetto punto vattelapesca e per un momento mi guardò negli occhi. Cazzo, la signorina qui non può servirci finché non abbiamo finito di fumare, capisci? Le dissi spazientito. Fece un impercettibile segno di sì con la testa, ma forse me lo immaginai soltanto, vai a saperlo. Seguirono lunghi minuti di silenzio durante i quali avrei voluto sotterrarmi. Quella dannata cameriera continuava a squadrarmi corrucciata mentre aspettava spazientita che finissimo. Diedi un ultimo tiro frettoloso e la spensi; lei fece lo stesso, quasi emulandomi, sebbene non ne avesse fumata neanche metà. Questo non va bene, pensai, sarà il caso che impari a fumare per bene, pensai, perché ai camerieri non piacciono quelli che fumano fino a metà.
Finalmente potemmo avere il nostro caffè. Ormai freddo, ovviamente. Mi aveva piuttosto innervosito tutta questa storia della sigaretta, e quella ebete che avevo di fronte, che sorseggiava il caffè sbrodolandosi tutta, mi faceva irritare ancora di più. Ne avevo visti parecchi, di appena arrivati, ma mai nessuno in condizioni così pietose. Ci siamo passati tutti, volevo dirle, non è mica la fine del mondo, volevo dirle. Ora francamente mi fa male ripensare alla leggerezza con cui l’avevo sommariamente stigmatizzata allora. Col passare dei giorni mi sarei reso conto ben presto che lei non apparteneva affatto a quel posto, non era come Noi. No, lei non aveva nulla da spartire col Grigio, proprio nulla. Non riuscirò mai a capire per quale diavolo di ragione si fosse trovata lì con Noi, con il Grigio, con la Polvere, il Fumo e tutti gli altri. Mi chiedo tra l’altro come diavolo avesse fatto a raggiungere A. C., lei decisamente non era una da quel genere di posto. Era la Noia, era chiaramente la Noia che non poteva sopportare, la Noia, in qualche modo, la uccideva ogni giorno di più, non so quanto sarebbe potuta durare, dico davvero, e lo so che in linea teorica non ne sarebbe potuta morire mai, di Noia, dico, per lo meno non ad A. C., ma ci si avvicinò pericolosamente, e, dico davvero, ho pensato con terrore in certi momenti che forse vigesse un’eccezione alla regola della Morte, per quelli come lei, ovvero per quelli che con quel posto non avevano nulla a che fare, con quelli che con il Grigio non avevano nulla a che fare, voglio dire. La cosa spaventosa è che lei era più vuota degli altri; eravamo tutti un po’ vuoti, in qualche modo, la Noia faceva questo e da che mondo è mondo l’ha sempre fatto, questo, la Noia, però lei era dannatamente più vuota, era molto più vuota, talmente vuota che non poteva essere semplicemente la sua bassa resistenza alla Noia, sebbene la Noia la logorasse ogni giorno di più e su questo non c’è dubbio. Era talmente vuota che sembrava non fosse nemmeno realmente lì, se ripenso anche a tutte quelle notti poi passate insieme, niente, era un fantoccio, era un posticcio di sé stessa, e vorrei si facesse attenzione su questo perché non era un posticcio di sé stessa solo ai miei occhi, cosa che tutto sommato avrei potuto sopportare, forse una percezione aberrante che, non lo so, mi sarei anche potuto indurre involontariamente, no, lei era un posticcio di sé stessa anche ai suoi stessi occhi, era evidente, e ne soffriva bene o male continuamente, e di questo ne sono certo perché era l’unica tra di Noi che avesse conservato la facoltà di piangere, la prima volta che me ne accorsi mi venne un mezzo colpo, quella era davvero un’eccezione alle Regole strabiliante, non che piangesse sempre, per carità, la Noia chiaramente era sempre dentro di lei e sapeva farlo bene il suo sporco lavoro, la Noia, eppure vi erano momenti in cui osservando il proprio riflesso davanti allo specchio riusciva chissà come a liberarsene, della Noia, e questo è davvero strabiliante, e piangeva, piangeva silenziosamente mentre copiose lacrime le colavano giù dal mento, ed era quasi uno spettacolo, anche se non potrei definirlo propriamente uno spettacolo perché era una faccenda decisamente triste e dolorosa; eppure era l’unica faccenda che con la Noia non avesse nulla a che vedere, decisamente nulla a che vedere, di cui abbia mai sentito parlare ad A. C.
Era talmente vuota, dicevo, che col tempo ricominciai seriamente a prendere in considerazione l’idea che il Grigio l’avesse portata lì apposta per me, quel dannato di un Grigio; o meglio, che quel dannato di un Grigio l’avesse costruita apposta per me, una copia perfetta, impressionante, piazzata in quel posto che non le apparteneva solo ed esclusivamente per me, per comunicarmi qualche diavolo di monito che non ho mai capito e non riuscirò mai a capire, una di quelle cose subdole tipiche del Grigio, una di quelle cose che se poi magari davvero riuscissi a svelare scoprirei che si tratta di una stupidaggine, e tutto il fascino e l’attesa della scoperta se ne andrebbero su per il camino, sì, proprio una di quelle cose tipiche da Grigio che il Grigio non vede l’ora di propinarti per farti perdere tempo, anche se effettivamente tempo da perdere ce n’era in abbondanza, da quelle parti.
Insomma, alla fine me ne convinsi, che lei era stata messa lì dal Grigio solo per me, e alla fine pensai che si trattasse davvero di un’ingiustizia, di una tortura che lei non poteva meritarsi oltre, arrivai addirittura a pensare queste cose, si, sebbene la Noia con il suo sporco lavoro e tutto il resto mi bisbigliava tutto quel solito disinteresse eccetera eccetera, e così una notte mentre lei dormiva proprio lì affianco a me scesi in strada e mi stava quasi venendo da piangere, lo giuro, mancava veramente poco, mi sembrò quasi di sentire una lacrima inumidirmi l’occhio, non sto scherzando, non so cosa sarebbe potuto succedere, corsi in strada e chiesi al Grigio di mandarla via, per piacere, che quella era una questione tra me e lui, e lei non aveva nulla da spartire con quel posto, non aveva assolutamente nulla da spartire con quel posto, e il Grigio, pensate un po’, mi diede ascolto, mi diede veramente ascolto, ed esaudì le mie richieste, e quando tornai di sopra lei non c’era più. Gli altri mi dissero che non dovevo illudermi, perché probabilmente era semplicemente sparita come tutti gli altri Scomparsi, ma io lo so che non era sparita come tutti gli altri Scomparsi, non poteva essere semplicemente sparita come tutti gli altri Scomparsi, lei era sparita solo quando io l’avevo esplicitamente richiesto al Grigio e mi ero quasi messo a piangere, e questo non poteva essere un caso, dico io, nessuno avrebbe potuto credere ad una cosa del genere, e da quel momento ho cominciato ad avere una sorta di stima, per il Grigio.
Ad ogni modo, dopo aver bevuto il caffè la presi sottobraccio e la accompagnai di sopra. Dissi in direzione che avrebbe alloggiato con me, nella mia stanza al terzo piano. Certamente non potevo lasciarla sola in quelle condizioni. Sono contento di poter finalmente passare la notte con qualcuno affianco, pensai. Non potrà farmi altro che bene, pensai.

[continua]

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